Il datore di lavoro è responsabile delle violazioni

Molto spesso ci si lamenta delle ingerenze del datore di lavoro, che esercita un controllo eccessivo, violando così la privacy del dipendente. Ma non bisogna dimenticare che in capo al Titolare resta la responsabilità delle azioni illegali dei propri dipendenti. Un caso balzato agli onori della cronaca è l’episodio del bancario che ha monitorato sistematicamente i conti di oltre 3500 persone. Non sarebbe comunque una giustificazione, ma si può anche credere che, avendone l’occasione, due o tre persone siano state osservate per mera curiosità, ma un’azione così vasta e sistematica sottende una volontà precisa ed uno scopo definito. Quindi com’è che il sistema gli ha consentito di farlo? Magari è stato molto bravo a restare entro i limiti dei parametri, ma un sistema di controllo di dati delicati dovrebbe accorgersi si un accesso anomalo, soprattutto a dati di clienti fuori filiale. Se io ho il conto a Torino e un giorno mi trovo a Bari è ragionevole che l’impiegato possa accedere comunque per erogarmi il servizio, ma che in un giorno ci siano numerosi casi del genere dovrebbe almeno fa nascere un sospetto, fare scattare qualche verifica. Inoltre il datore di lavoro, oltre ad una culpa in vigilando, è anche responsabile della scelta operata, affidando ad una figura evidentemente non adeguata un incarico delicato. Caso diverso, ma ugualmente interessante, quello che ha visto un’Organizzazione spagnola sanzionata dopo che un ex dipendente, che aveva avuto accesso ai sistemi ed alle loro vulnerabilità, ha segnalato all’Autorità le criticità riscontrate.