Dalla Corte UE no ad una profilazione spinta
Che un Social viva di dati è fuori dubbio, ed anche il fatto che non si paghi il servizio, a fronte di costi di gestione e sviluppo non indifferenti, implica che da qualche parte i soldi devono entrare. Tuttavia questo non autorizza il Social ad accumulare dati (anche sensibili) senza limiti né di tipologia né di durata di conservazione ed utilizzarli per una profilazione spinta e conseguente pubblicità mirata. E’ il senso di una sentenza della Corte UE, la C-446/21, che ha ritenuto Facebook scorretto nella gestione dei profili di alcuni utenti, in particolare di quanti avevano dichiarato il proprio orientamento sessuale.
Corte UE: non all’uso indiscriminato dei dati per profilazione