lunedì, Novembre 4, 2024
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Dati neurali: sono dati personali, raccolti da presidi medici

Questa sentenza che arriva dal Cile sembra essere destinata a fare scuola, anche se le notizie in merito sono al momento ancora scarse. Vari dispositivi sono allo studio per catturare l’attività cerebrale e decodificarla, così da poter leggere i pensieri e trasformarli in azioni. Certo le potenzialità per gestire situazioni di disabilità e consentire una maggiore autonomia a chi si ritrova con un cervello attivo imprigionato in un corpo non funzionate, come accade ad esempio per i malati di SLA, sono fantastiche, ma i rischi che possono derivare dalla capacità di leggere i pensieri sono devastanti. Non siamo ancora a questo punto – per fortuna, si può dire – ma la tecnologia fa passi da gigante, quindi ben venga una sentenza che fissi alcuni paletti fin dall’inizio. Anzitutto i dispositivi che consentono analisi di questo tipo sono da considerarsi dispositivi medici a tutti gli effetti, non semplici gadget elettronici, con tutto ciò che comporta in termini di sicurezza e di omologazioni. In secondo luogo l’eventuale analisi dei dati derivanti può avvenire solo previo consenso informato. Certo, il GDPR consente di utilizzare dati per interesse pubblico di studio e ricerca, ma sempre sotto il diretto controllo del Garante, previa presentazione di un progetto circostanziato.

Dati neurali, prima sentenza in merito

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