Social e privacy: una lotta continua
Che i social e la privacy non vadano molto d’accordo è evidente, come è evidente che c’è modo e modo di gestire le pubblicazioni, soprattutto da parte degli utenti, che spesso non pensano alle conseguenze di ciò che scrivono: una battuta su un’azienda può un domani rovinare un colloquio di lavoro, una critica può risultare eccessiva e portare ad una denuncia, una foto in vacanza può stimolare l’interesse dei ladri e così via. Se poi ci sono minori di mezzo la questione i complica e l’attenzione deve essere più elevata e chi ha la responsabilità genitoriale deve concordare ciò che è ammissibile pubblicare. Ma se i genitori non sono d’accordo? Allora decide il ragazzo, secondo un’interessante sentenza; certo, non si tratta di un neonato, ma di un giovane vicino alla maggiore età, che quindi può fare da arbitro tra le tensioni dei genitori ed assumersi la responsabilità verso il proprio futuro. Però c’è un ultimo aspetto da considerare, sul quale alcuni scienziati hanno già in diverse occasioni lanciato l’allarme: un Social non solo uno strumento dove pubblicare o meno, ma il meccanismo innesca un circolo vizioso, che porta ad abbassare sempre più la soglia di attenzione, la divisione fra vita pubblica e privata, per cui si viene stimolati a condividere fatti e sentimenti che fino a non molti anni fa avremmo tenuto per noi o condiviso con poche e selezionate persone,