Parto anonimo, ma fino a un certo punto
Tutte le questioni legate alla privacy sono un gioco di compromessi, di bilanciamenti, non ci sono mai degli assoluti. E’ dunque ragionevole che una partoriente abbia diritto a ricevere assistenza mantenendo l’anonimato, ma è anche diritto del figlio avere conoscenza delle proprie origini, soprattutto se sono in gioco importanti questioni sanitarie. La Corte di Strasburgo aveva già rilevato una carenza della normativa italiana ne bilanciare questi interessi, ora la Corte di Cassazione conferma questa linea, riconoscendo, se non un pieno accesso ai dati della madre, un diritto di accesso “sulla base di un quesito specifico, non esplorativo, relativo a specifici dati sanitari e con l’osservanza di tutte le cautele necessarie a garantire la massima riservatezza e quindi la non identificabilità della madre biologica”. Inoltre la decisione di mantenere l’anonimato non è da considerarsi irrevocabile, per cui – se possibile – è necessario contattare la madre e verificare se non intenda consentire di divulgare i propri dati.
2021-08-18-Cassazione-Sentenza-22497-2021