mercoledì, Maggio 1, 2024
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PA e hacker: danno reale e danno d’immagine

Certo, anche l’imprenditoria privata è soggetta a figuracce, forse è solo più facile nasconderle. Pensiamo alla ditta di antifurti che si è trovata il magazzino svuotato ed ha preferito far finta di niente e non sporgere denuncia. O ad un grande studio legale che si è trovato a dover attivare l’assicurazione professionale e si è trovato a leggere per la prima volta il contratto, eufemisticamente definibile come non troppo adeguato alle esigenze, perché su oltre quaranta legali si è pensato bene di affidare l’incarico di scegliere e sottoscrivere la polizza assicurativa al ragioniere addetto alla contabilità: anche in questo caso si è preferito tenersi il danno e nascondere il caso sotto al tappeto, perché renderlo pubblico avrebbe creato un danno d’immagine enorme. Non sempre è possibile, soprattutto nella PA, laddove i servizi sono utilizzati da milioni di utenti ed è quindi impossibile che nessuno se ne accorga. Però la Pubblica Amministrazione dovrebbe essere di esempio, dovrebbe dare fiducia a cittadini e imprese: se un comune cittadino commette un reato, sono cose che capitano, se lo commette un agente la questione è molto più grave, perché si danneggia l’immagine dell’intera Istituzione. Ecco allora che nell’attacco hacker che ha bloccato alcuni servizi della PA dobbiamo fronteggiare non solo l’indisponibilità di servizi importanti, non solo la vulnerabilità di dati anche delicati, ma soprattutto dobbiamo fronteggiare l’inadeguatezza di alcune strutture, alla quale segue la sfiducia dei cittadini.

L’attacco a Westpole

Il danno alla PA

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