Ma i dati li possiamo vendere?
Che i nostri dati costituiscano un tesoro, ricercato da aziende e politica, dovrebbe essere un fatto oramai noto. E’ però ancora oggetto di discussione accademica la possibilità di vendere i nostri dati. Certo, ci sono considerazioni valide da ambo le parti: chi sostiene che, come non è etico vendere un rene o figlio, così non è etico vendere la propria vita, la propria intimità. Per contro, però, se mi offrono uno sconto se mi iscrivo alla newsletter, di fatto sto vendendo il mio indirizzo mail in cambio di qualche euro di riduzione del prezzo. Lo stesso se partecipo a un concorso o comunque cedo il mio indirizzo di casa, la mia mail, il mio cellulare in cambio di un qualche vantaggio. Se dunque questi scambi sono all’ordine del giorno, perché dovrebbe essere un problema quantificare in termini monetari precisi il valore della transazione, ritenendo lecite gli scambi indefiniti e nascosti ed illegittimi quelli alla luce del sole?