Privacy shield: qualcosa si muove
E’ chiaro che i giudici si limitano a giudicare interpretando le norme esistenti, non è loro compito giudicare la norma in sé (se non sono giudici costituzionali) né valutare le conseguenze delle loro decisioni. Nel caso del privacy shield, nello specifico, sarebbe dovuto essere cura della Commissione e del Parlamento europeo giocare d’anticipo ed affrontare le conseguenze di una decisione che per gli esperti non è stata inaspettata. Però con l’abolizione del privacy shield in apparenza non è accaduto nulla: non c’erano pronti piani alternativi, non c’erano in discussione nuovi accordi sostitutivi, la gente non avrebbe apprezzato una chiusura drastica di Facebook, Google, Linkedin, Amazon e di tutti gli altri servizi di origine statunitense, per cui la percezione degli esperti è che non sia cambiato nulla, mentre i non esperti manco si sono accorti dell’accordo e della bocciatura. Ora ci prova il Garante irlandese a bloccare il flusso di informazioni (contra legem) attraverso l’Atlantico, con l’idea di rendere effettive le conseguenze dell’abrogazione del trattato e di tutelare i dati dei cittadini europei. Vedremo cosa accadrà in concreto.